Terza Domenica di Avvento
Oggi è il grande momento di Giovanni Battista sotto i riflettori. Gesù, che lui ha riconosciuto e battezzato come suo successore, ora lo riconosce pubblicamente. Egli testimonia la sua importanza unica come ponte tra il vecchio e il nuovo ordinamento religioso, la Legge e il Regno. Non c’è nulla della evidente ed imbarazzante competitività tra i leader nel mondo della politica, del mondo accademico, dello spettacolo o degli affari. Forse perché sa che entrambi sono destinati a un fallimento catastrofico. Raramente ci mettiamo in competizione con qualcuno che sappiamo essere il più grande fallimento.
Per entrambi, la saggezza è stata forgiata nell’esperienza del deserto. Dopo di loro sarebbe venuto un esercito di discepoli, anch’essi abitanti del deserto, che descrivevano la scienza della pratica fondata sull’arte della preghiera del cuore. Come sanno tutti gli abitanti del deserto, inclusi tutti i meditatori, il lavoro viene compiuto simultaneamente nel corpo, attraverso i molti livelli della mente e con il potere dello spirito.
La prima tappa di questa acquisizione di saggezza è la più breve: l’entusiasmo. Ti fa iniziare con il fervore di conversione o attaccamento romantico (“Ho trovato tutto quello che ho sempre cercato!”) ma poi richiede che ci impegniamo o andiamo avanti di nuovo.
Se scegliamo l’impegno, che è un assottigliamento di opzioni che precede la dilatazione del cuore, allora viene l’accidia. La nostra è l’Era dell’Accidia quindi è difficile da riconoscere e si confonde facilmente con (o forse è una forma di) depressione. Significa letteralmente una mancanza di cura, di preoccupazione e precisione. Ci rende sciatti con il nostro lavoro e incapaci di goderci le cose che di solito ci hanno portato piacere. I suoi sintomi sono dormire troppo, mangiare troppo, pensieri suicidi, senso di colpa per aver sprecato il nostro tempo, guardare i reality show. La sua dinamica tossica è la resistenza all’invito ad amare.
Dopo aver attraversato il tunnel attraverso l’accidia, irromperemo nell’apatheia, che è l’opposto dell’apatia. È la energica piena salute dell’anima e la potente equanimità. Scatena la creatività e la compassione come risorse naturali a flusso libero. Nelle belle giornate dona la spontaneità per celebrare e lodare. Nelle brutte giornate ci dà la stabilità per restare a galla e solcare le onde.
I maestri del deserto dicevano che l’agape è figlia dell’apatheia. È l’amore di Dio per noi e crea il nostro reciproco amore per Dio, sconfinato e terrificante, ma seducente, incondizionato.
Quando questo ciclo dell’esperienza del deserto si ripete sufficientemente negli eletti, produce i profeti che stavamo aspettando e, alla fine, colui che aspettavamo tutti fin dall’inizio