Martedì della prima settimana di Quaresima – 20 febbraio 2024
Spesso non riusciamo a fare ciò che pensiamo o diciamo di voler fare perché ci convinciamo che falliremo. “Non vale nemmeno la pena di provarci”. A volte ci giustifichiamo incolpando le persone o le circostanze per averlo reso impossibile. “Se potessi vivere la vita facile di un monaco o vivere in un centro di meditazione, mediterei tutto il giorno. Se avessi una laurea in consulenza, potrei trascorrere del tempo con chi ha bisogno di ascolto e attenzione. Se non fossi monaco in una comunità, avrei tempo per tante buone opere”.
Lo facciamo tutti. Ma i padri e le madri del deserto del IV secolo no. Provenivano da tutti i livelli della società e da culture diverse. In comune condividevano semplicemente una fame insaziabile di Dio, che forse cercavano di reprimere, e una consapevolezza dei propri limiti che li spingeva a lasciare tutto per fare di Dio il centro della loro vita. Avevano quindi una sorta di pensiero estremista che li ha portati su un piedistallo indesiderato. Ci sono storie di monaci che scappano nella solitudine del deserto per evitare i turisti che vengono a farsi dei selfie con loro. Alcuni singoli monaci avevano una reputazione esagerata di estremismo ascetico – sopravvivendo con pane raffermo e acqua – che li faceva sembrare diversi dai comuni mortali al punto da essere considerati un po’ pazzi.
Nelle raccolte di detti e storie scritte da seguaci autentici e non mistici cacciatori di celebrità, possiamo vedere come erano veramente: quanto erano estremamente moderati e quanto umanamente avvicinabili nella loro lontananza. Alcune storie deridono in modo istruttivo il monaco che assapora la sua reputazione di abnegazione e diventa un esibizionista spirituale. Raccontano storie di autentici asceti che, senza attirare l’attenzione, interrompono il loro consueto digiuno per cenare con visitatori venuti da lontano per incontrarli. Il libro di Rowan Williams sulla saggezza del deserto, basato sul John Main Seminar che porta questo titolo, si intitola “Silence and Honey Cakes” – perché a volte la vita autentica del deserto veniva vissuta in profondo silenzio e a volte gustavano i dessert. L’unico assoluto nella loro vita era Dio, non il mezzo con cui si preparavano a conoscerlo e ad essere conosciuti da Lui. Le storie che descrivono i monaci che per fede e umiltà sono entrati nell’amore Luminoso, racchiudono l’essenza del deserto – anche per noi nel futuro.
Per il cristiano del futuro la saggezza del Deserto è ispirazione essenziale. Karl Rahner, il grande teologo del XX secolo, diceva che “il cristiano del futuro sarà un mistico o non sarà più cristiano”. Descrive un mistico semplicemente come una persona che ha conosciuto “l’autentica esperienza di Dio che emerge dal cuore stesso della nostra esistenza”. Non è necessario andare nel deserto per questo, e i padri e le madri del deserto furono i primi a dirlo: “Puoi essere solitario nella tua mente anche se vivi in mezzo alla folla”. E puoi essere solitario nel deserto ma vivere comunque nella folla dei tuoi pensieri”.
Il deserto non è un luogo ma uno stato o una direzione mentale. La preghiera è un dono al quale ci prepariamo nel modo unico e più adatto a noi stessi..