La nostra vera individualità
La meditazione e la sua povertà non sono forme di negazione di sé. Non siamo in fuga da noi stessi e neppure ci odiamo. […] Ma per giungere al nostro vero sé — ed è a questo invito che rispondiamo nella meditazione — dobbiamo passare attraverso l’esperienza radicale della povertà personale, con un abbandono assoluto.
E nella nostra resa quello a cui rinunciamo è, secondo il pensiero Zen, non l’io né la mente, ma piuttosto l’immagine dell’io e della mente con la quale abbiamo erroneamente identificato il nostro essere. Questa non è una affermazione che dobbiamo “interpretare con abilità ingegnosa” per esprimerci con il linguaggio della “Nube della non conoscenza”. Ci viene indicato che quello a cui rinunciamo nella preghiera è, essenzialmente, irrealtà. E il dolore della rinuncia sarà proporzionato all’ampiezza del nostro coinvolgimento con l’irreale, alla misura in cui abbiamo ritenuto reali le nostre illusioni.
Brano tratto da John Main OSB, “Second Conference in CHRISTIAN MEDITATION: The Gethsemani Talks (Montreal: Christian Meditation Media, 1982), pp. 36-37.