Di fronte alla crisi del nostro mondo contemporaneo, abbiamo la necessità di chiederci perché meditiamo. Ci poniamo la domanda non per minare il nostro impegno, ma per affinarlo e approfondirlo. Non stiamo perseguendo esperienze interessanti. La meditazione non è tecnologia informatica. Consiste, invece, nella conoscenza che redime, pura consapevolezza. La meditazione non fa aumentare il nostro bacino d’informazioni. Al contrario, ci allontaniamo dalla nostra abituale raccolta e classificazione d’informazioni e ci rivolgiamo a una conoscenza che non è quantificabile, una conoscenza che unisce invece che analizzare. Il sentirsi degli stupidi o di non essere produttivi è un segnale positivo che a guidarci è lo “spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui” (Efesini 1:17). Questa conoscenza retentiva e creativa è la saggezza che manca al nostro tempo. La possiamo riconoscere e distinguere dalle sue contraffazioni perché non richiede né mostra alcun pronome possessivo. Nessuno la reclama come sua.
È la consapevolezza dello Spirito Santo e, proprio per questo, è il seno di ogni autentico atto d’amore. Di fronte alla più scoraggiante delle tragedie è tanto vicina a noi quanto noi a noi stessi.
Brano tratto da Laurence Freeman OSB, “Letter Four,” THE WEB OF SILENCE (London: Dartman, Longman & Todd, 1996), pp. 42, 44-45.