Pensiamo che sarebbe più semplice abbandonare la nostra introspezione, se sapessimo verso che cosa ci stiamo orientando. Se solo avessimo un riferimento verso cui guardare, se solo Dio potesse essere rappresentato da un’immagine. Ma sappiamo che il vero Dio non può essere ricondotto ad una immagine e che le immagini di Dio sono altrettanti idoli. Se ci costruiamo un’immagine di Dio, finiamo semplicemente con il guardare la nostra immagine abbellita. Vivere autenticamente l’interiorità e aprire il nostro cuore significa essere capaci di ‘vedere senza immagini’ attraverso la fede, consapevoli che questo sguardo ci permette di ‘vedere Dio
Nell’esperienza della fede, l’attenzione è guidata da uno spirito rinnovato, che per sua natura non è legato al possesso […]. Possiamo immaginarcelo richiamando alla mente quei momenti o quelle fasi della nostra vita in cui abbiamo fatto esperienza della pace, pienezza e gioia maggiori. Riconosciamo che in quello stato non eravamo in possesso di nulla, ma eravamo immersi in un tutt’uno con qualcosa o qualcuno. La chiave che consente di accedere in questo regno è la nostra povertà di spirito.
[…] Ma non esiste niente di più difficile che imparare a distogliere costantemente l’attenzione da noi stessi […]. Siamo tutti propensi a distrarci, a ritornare in noi stessi ed al nostro amor proprio. Dobbiamo scoprire allora una semplice verità: quando la nostra attenzione è in Dio, tutto ci rivela la Sua presenza attraverso gli occhi della fede. Quando la nostra attenzione è rivolta a noi stessi, nella cecità del nostro ego, tutto ci distrae da Dio.
Brano tratto da Laurence Freeman, “Il sé senza un sé”, cap. ‘Il potere dell’attenzione’, Edizioni Amrita.