Le fasi del viaggio (seconda parte)
Come abbiamo visto, la meditazione ci conduce ad una maggiore consapevolezza del nostro condizionamento e di conseguenza alla auto-conoscenza, e in definitiva alla libertà.
Un modo utile per entrare nel silenzio è ricordare che tutti i nostri pensieri sono pensieri sul passato o sul futuro. Dobbiamo lasciarli andare e rimanere nel momento presente, ma, come tutti ben sappiamo per esperienza personale, è più facile dirlo che farlo. Nella meditazione cristiana, il mantra è il mezzo che ci permette di rimanere nel momento presente, pienamente focalizzati e consapevoli.
Ricordo anni fa una pubblicità sulla meditazione. Il manifesto mostrava un guru indiano, con abbigliamento e aspetto caratteristici, che cavalcava le onde in perfetto equilibrio su una tavola da surf. Sotto c’era scritta la frase: “Non puoi fermare le onde, ma puoi imparare a fare surf!”. Il mantra è la nostra tavola da surf. Non possiamo sopprimere o sbarazzarci dei nostri pensieri; saranno lì, proprio come le onde. Dobbiamo accettarli come parte inevitabile di noi stessi e cavalcarli abilmente. Talvolta cadremo dalla tavola, basterà risalirci. Come ha detto Samuel Beckett: Prova e fallisci, non importa. Provaci ancora, fallisci ancora, fallisci meglio. In altri momenti è facile rimanere sulla tavola da surf e scivolare gioiosamente sulle onde, e così entrare nel silenzio.
In questa fase, quando entriamo nel silenzio, è importante ricordare che il nostro sé condizionato, “l’ego”, non vuole che usciamo dalla sua sfera di influenza; vuole tenerci in superficie. Ci spinge ad identificarci con questi pensieri, emozioni, maschere e ruoli. Non vuole che entriamo in contatto con le parti più profonde della nostra coscienza, perché è là che ha depositato fin dall’inizio tutte le esperienze che hanno minacciato la nostra sopravvivenza e non vuole che affrontiamo nessuna di esse.
Abbiamo bisogno dell’ego, l’istinto di sopravvivenza, ma qualche volta è come un genitore iperprotettivo che vuole tenere i suoi figli al sicuro e vicino a sé, non permettendo loro di crescere e di imparare in modo autonomo. All’inizio, entrare nel silenzio è come abbandonare la casa, con lo scopo di arrivare alla nostra vera dimora.
Che cosa fa l’ego quando ci immergiamo nel silenzio? Spesso aumenta i nostri pensieri. Quando però riusciamo a cavalcarli e ad entrare nel silenzio, l’ego ci spinge ad abbandonare il mantra. Possiamo convincerci che il mantra disturba la pace. Se ascoltiamo la voce dell’ego e abbandoniamo la nostra tavola, semplicemente fluttuiamo (o anneghiamo!) nella “pace perniciosa” o nel “santo fluttuare”, e così l’ego riesce ad ostacolare il nostro progredire. Se questa tattica fallisce, l’ego può chiederci: “Non è noioso continuare a ripetere una sola parola? Che stupidaggine!” Se ciò nonostante continuiamo a meditare, potrebbe tentare un diverso approccio, spingendoci a domandarci, “Sono proprio sicuro che si tratta del giusto metodo o del giusto mantra? Dovrei cambiare il mantra?” Ancora una volta l’ego vuole essere sicuro che non andiamo da nessuna parte! La solo via è perseverare, meditare fedelmente nonostante le distrazioni.
Kim Nataraja