Le fasi del viaggio (prima parte)
“La meditazione è un modo per espandersi, passando da un mondo di illusione alla luce pura della realtà”. (John Main)
Il mondo di illusione cui si riferisce John Main in questa frase è il mondo che costruiamo sulla base dei nostri pensieri. Molti di noi identificano chi siamo con ciò che pensiamo. Chi pensate di essere? L’immagine che abbiamo di noi stessi, l’immagine che abbiamo degli altri e il mondo in cui viviamo derivano dai nostri pensieri: i nostri pensieri e, spesso, i pensieri degli altri che inconsciamente abbiamo fatto nostri. Fin dalla nascita adottiamo i punti di vista delle persone importanti della nostra vita senza metterli in discussione: genitori, fratelli e sorelle, la famiglia allargata, la comunità, gli amici, la società in cui viviamo, la religione e la cultura in cui siamo cresciuti. Conformiamo la nostra visione della realtà alle idee degli altri generalmente accettate nel tentativo di integrarci, di essere accettati, amati e rispettati. In altre parole, spinti dal bisogno di sopravvivenza, adottiamo le opinioni degli altri e i ruoli e gli atteggiamenti che gli altri si aspettano da noi. Spesso, così facendo, dimentichiamo chi siamo veramente e ci facciamo imprigionare da tutti questi condizionamenti.
Crescendo, alcuni acquisiscono una fiducia in se stessi sufficiente a mettere in discussione e a interrogarsi su questi pensieri e opinioni. Sentiamo il bisogno di scoprire chi siamo veramente al di là di condizionamenti, maschere, ruoli e funzioni. Ma ‘l’espandersi’ di cui parla John Main non è facile. Si può scoprire di essere dominati dai pensieri nel momento in cui cominciamo a meditare. Possiamo diventar consapevoli di ciò che John Main definiva il “caotico frastuono di una mente devastata da un continuo contatto con banalità e distrazioni”. Mentre Laurence Freeman fa riferimento al “livello di distrazione della mente scimmia”
Ma troviamo difficile lasciare andare i nostri pensieri, dato che siamo stati educati a credere che il pensiero sia l’attività più elevata che possiamo praticare. Descartes nel diciassettesimo secolo affermava “Penso, dunque sono”, e così facendo collegava esistenza e pensiero. T. S. Eliot ne parla nei suoi ‘Quattro quartetti’, quando la gente seduta in metropolitana, bloccata in un tunnel, sente di trovarsi davanti al “crescente terrore di non avere nulla da pensare”. * Non pensare è percepito come una minaccia alla nostra stessa sopravvivenza. Quindi non c’è da stupirsi se le persone si preoccupano quando sono incontrano una disciplina come la meditazione che ci incoraggia a lasciare andare ogni pensiero. Il nostro viaggio di meditazione nelle sue varie fasi, il nostro ‘espanderci’, sta perciò nel mutare del rapporto con i nostri pensieri.
‘Espandersi’ richiede coraggio e perseveranza nella meditazione, ma ci condurrà alla ‘pura luce della realtà’, in cui ci ricordiamo e sperimentiamo di essere “figli di Dio”, “tempio dello Spirito Santo” e realizziamo che “la coscienza di Cristo è anche in noi”.
Kim Nataraja
* “O come quando in metropolitana, / Un convoglio si arresta troppo a lungo / Fra due stazioni e si comincia a conversare, / Poi lentamente cala il silenzio/ E al di là d’ogni volto si spalanca, /L’abisso, si vede, del vuoto mentale: /Resta soltanto il terrore crescente /Di non avere nulla da pensare”.