Un livello profondo di consapevolezza
Maestro Eckahrt il mistico del XIV sec. si spinge più in là di quanto fecero i primi cristiani nell’esprimere il concetto secondo cui noi possiamo avere una vera conoscenza di Dio, anzi, addirittura raggiungere un’unione perfetta con Dio già in questa vita: “Allo stesso modo ho spesso detto che vi è qualcosa nell’anima che è in stretta relazione con Dio, che è una con lui e non solo unita… è un essere uno ed un’unione pura”. Santa Teresa d’Avila ne “Il castello interiore” parlava della settima stanza del matrimonio spirituale come di uno stato permanente di unione oltre l’estasi. I mistici moderni parlano di Consapevolezza Unitaria.
Come abbiamo visto, la somiglianza con il Divino è sempre stata accettata nel cristianesimo – l’anima come specchio di Dio – ma l’idea di una totale identificazione è spesso stata fonte di disputa. Tuttavia, sentiamo nel Vangelo di Tommaso: “Chi beve all’acqua della mia sorgente diventa come me ed Io stesso divento lui e ciò che è nascosto gli viene rivelato”. La consapevolezza della implicita unità della Realtà e la interconnessione di tutta l’umanità e della creazione con l’Energia e la Consapevolezza Divina è anche la preghiera di Gesù per noi nel suo ultimo discorso ai discepoli: “Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola… Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità.” (Giovanni 17,20). Quando ci ricordiamo della nostra vera identità conosciamo e vediamo ad un livello intuitivo, e dunque vediamo faccia a faccia: “L’ occhio con cui vedo Dio è lo stesso con cui Dio vede me. Il mio occhio e quello di Dio non sono che un solo occhio, una sola visione, un solo conoscere, un solo amore. (Meister Eckhart)
È comunione o vera unione? Bede Griffiths lo spiega splendidamente: “non c’è dubbio che l’individuo perde ogni sensazione di separazione dall’Uno e fa esperienza di una unità totale, ma questo non significa che l’individuo non esiste più. Proprio come ogni elemento in natura è un riflesso unico della Realtà una, così ogni essere umano è un centro di consapevolezza unico nella consapevolezza universale.” (Bede Griffiths “Il matrimonio tra oriente e occidente”). Diventiamo veramente consapevoli in alcuni momenti, per quanto transitori, della bellezza del nostro sé eterno, quando lasciamo andare il nostro sé superficiale. Dobbiamo spostare il centro della nostra percezione, della nostra consapevolezza: “Non dobbiamo guardare, ma dobbiamo in un certo senso chiudere i nostri occhi e scambiare la nostra capacità di visione con un’altra. Dobbiamo risvegliare la capacità che tutti possediamo, ma che pochi utilizzano.” (Plotino, filosofo e mistico del II sec.) Non ci renderemo mai conto di chi siamo realmente, della nostra eredità eterna, se non impariamo ad usare questi due diversi livelli della nostra consapevolezza.
Ma questo è il primo passo, il secondo sta nel riconciliare queste due modalità di essere: “Poi dopo aver riposato nel Divino, quando sono sceso dall’Intelletto al raziocinio, mi domando come io abbia fatto a discendere.” (Plotino, Enneadi, 4.8.1) Potremmo forse sentirci stranieri nel mondo dopo un’esperienza così profonda, eppure dobbiamo integrare queste esperienze nella vita ordinaria. Come lo si può fare? Evagrio e Plotino danno lo stesso consiglio: essenzialmente la pratica delle virtù, che significa purificare le emozioni lasciando andare i desideri mossi dall’ego e, importantissima, la contemplazione.
Queste due discipline aiutano a mantenere la connessione tra le esperienze mistiche e la vita di tutti i giorni.
* Plotino ha influenzato profondamente i primi Padri della Chiesa come anche S. Agostino, Dante, Maestro Eckahrt, Henri Bergson e T.S.Eliot
Kim Nataraja