Giovedì della prima settimana di Quaresima – Giovedì 22 febbraio
Durante il nostro recente ritiro quaresimale, una delle partecipanti ha voluto condividere quanto si sentisse triste e arrabbiata per come andava il mondo. Ha descritto la triste situazione politica e la paura di scivolare in una nuova amministrazione insensibile e crudele, lontana da tutto tranne che dalla propria versione della realtà; ha lamentato l’ondata di violenza anche nel suo angolo, un tempo idilliaco, degli Stati Uniti. Non era una novità; ma la sua tristezza solitaria e la sua rabbia spaventata per tutto ciò e il pessimismo forte e fatalistico del suo tono e del linguaggio del corpo ci hanno toccato e commosso. Alla fine ci ha ringraziato per aver creato uno spazio in cui questi sentimenti e paure potessero essere espressi e ascoltati e per la conversazione che stavamo avendo. Ha detto che si sentiva meglio e ha sorriso.
Per quanto unica sia, ci sono molti milioni di persone che lottano con la stessa prospettiva. Nonostante la forte propensione alla disperazione in questa visione delle cose, un sentimento di certezza più leggero e contro ogni ragione può anche coglierci rapidamente di sorpresa, proprio mentre o appena prima di toccare il fondo. Potremmo chiamarla grazia. Se la speranza non ha questa sicurezza è comunque quasi sicuramente un augurio. La grazia può essere condivisa e persino diventare contagiosa durante una conversazione genuina e sentita. Nella comunione con gli altri osiamo sapere che questa speranza non è falsa e che è solo quella sicura conoscenza interiore – potremmo chiamarla fede – a renderla comunicabile agli altri.
Una straordinaria donna mistica del XIV secolo, Madre Giuliana di Norwich, attraversò le più oscure esperienze interiori quando si ammalò di peste fino quasi a morire. Il mondo intorno a lei era piuttosto travagliato: un gran numero di persone uccise dalla pestilenza, dalla crisi economica, dai violenti disordini civili e da una guerra d’oltremare. Senza dubbio la consapevolezza di questa sofferenza influenzava il suo mondo interiore. Interiorizziamo ciò che accade attorno a noi e proiettiamo all’esterno ciò che sentiamo. Le dimensioni interna ed esterna della nostra esperienza della realtà si scontreranno violentemente finché non raggiungeremo un centro abbastanza profondo in noi stessi da cui possiamo integrarle.
I tumulti di Giuliana erano espressi in immagini tratte da una fede profonda. Senza questi potenti simboli che ci vengono in aiuto, siamo molto meno preparati per la resilienza che ci viene richiesta in modo da sopravvivere ed emergere più integri. Per anni, dopo la crisi, elaborò queste “dichiarazioni”, come le chiamava lei, e scrisse le sue intuizioni al riguardo nel primo libro scritto in inglese da una donna. Thomas Merton la definì uno dei più grandi teologi. Si trovava ben al di sopra della massa di teologia devozionale e intellettuale che veniva regolarmente prodotta intorno a lei.
Le sue intuizioni andavano direttamente alla natura di Dio e di “Cristo nostra Madre”, come lei lo chiamava, al peccato e alla grazia e al vero significato della preghiera. Sono arrivati attraverso un’intelligenza mistica – potremmo chiamarla amore – che l’ha elevata al di sopra delle sue prospettive personali, rivelando proprio quelle nuove prospettive evolute sulla realtà di cui abbiamo bisogno per il nostro tempo.
Il cuore del suo nuovo livello di coscienza ha ispirato uno dei suoi detti più famosi. C’è in queste parole una certezza con cui bisogna confrontare il pessimismo più forte. A causa della fede, della speranza e dell’amore concentrati in quella certezza, non dovremmo sorprenderci se la spirale discendente del pessimismo fosse invertita, anche per un breve momento di chiara visione. Ha detto semplicemente: “tutto sarà bene, e tutto sarà bene, ed ogni sorta di cosa sarà bene”.