Perché i gruppi di meditazione sono oggi così importanti?
In ogni progetto vitale abbiamo di solito bisogno di una squadra che ci sostenga con i talenti di ogni singolo componente; così, nell’impegno della contemplazione, abbiamo bisogno di una comunità che ci aiuti ad iniziare e a perseverare. La meditazione, come John Main ben sapeva, crea comunità perché ci rivela che noi tutti siamo collegati e che cresciamo in modo interdipendente. Il gruppo di meditazione è un’espressione di questa verità. Non c’è niente di nuovo nel fatto che dei cristiani si riuniscano a pregare. E’ un fatto che si ripete da sempre. Della piccola comunità di Gerusalemme, formatasi dopo la morte e la risurrezione di Gesù, si diceva che “l’intero gruppo di credenti era unito, in anima e corpo; erano uniti nella preghiera continua”.
Possiamo dire lo stesso dei gruppi di meditazione di oggi. Negli ultimi decenni c’è stata una trasformazione spirituale del panorama religioso, una rivoluzione silente, una rivoluzione in silenzio. E’ stata condotta non da un gruppetto di monaci, ma da uomini e donne comuni che vivono nel mondo, famiglie che lavorano e hanno figli. Non e’ stata una scoperta accademica. La pratica della meditazione nella vita di tante persone ha risvegliato la consapevolezza che la dimensione contemplativa della preghiera è aperta a ciascuno di noi ed è necessaria per tutti noi, religiosi e non religiosi. L’accesso non è ristretto. E’ un privilegio di grazia donata dallo Spirito a tutti. Ma come per tutti i doni dello Spirito, dobbiamo fare anche noi la nostra parte. La contemplazione è un dono e come tutti i doni deve essere accettato. Se vogliamo vivere la nostra vocazione individuale nella vita quotidiana con profondità e significato, dobbiamo ricevere attivamente il dono della nostra potenzialità per la contemplazione, curandocene con umile devozione e fedeltà quotidiana.
Non è una novità che il cristianesimo attraversi una fase di turbolenta transizione, da una mentalità medievale ad una moderna. Se ascoltassimo solo i media e i sociologi potremmo anche concludere che il cristianesimo sia giunto al declino terminale. Certo, le sue strutture e le sue attitudini stanno attraversando un processo di morte, ma al cuore della visione cristiana della morte c’è una speranza certa di risurrezione. Il gruppo di meditazione cristiana è uno di quei segnali positivi di speranza di vita rinnovata, un segno, autorevolmente silenzioso, del fatto che lo spirito prevale sul caos e sul collasso, e genera nuovo ordine e nuova armonia.
La meditazione è una pratica universale che conduce oltre le parole, le immagini e i pensieri verso un vuoto ricolmo di fede e di presenza, la povertà di spirito che noi chiamiamo il silenzio di Dio. Quel che è specificamente cristiano è la consapevolezza che tale pratica ci porta, attraverso la fede, direttamente nella preghiera di Gesù stesso. Questo significa che ci conduce ad una scoperta trasformatrice della sua presenza in noi (“Cristo in voi”). Quando condividiamo la consapevolezza umana di Gesù, che è aperta contemporaneamente a ciascuno di noi e a Dio, cominciamo ad essere davvero più aperti l’uno all’altro. Siamo in grado di creare e sperimentare l’unione di persone che chiamiamo comunità, un’unione che evolve e si sviluppa. Quando appaiono i frutti dello spirito – amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé – allora si rivela anche la grazia di riconoscere Gesù nel più profondo di noi stessi e vicendevolmente l’uno nell’altro.
Laurence Freeman OSB
Estratto da: “La perla di grande valore”