Conversione
I tre voti presi dai monaci benedettini, dalle monache e dagli oblati che si impegnano a vivere secondo la “Regola di San Benedetto” sono: “Obbedienza, Conversione e Stabilità”.
Guardiamo per prima alla seconda di queste promesse: la Conversione. Nella tradizione benedettina con ‘Conversione’ si intende la conversione continua del proprio modo di vivere e del comportamento verso gli altri. San Benedetto non sta considerando l’esperienza di una conversione straordinaria come quella di san paolo sulla via di Damasco. Ammettiamo anche che all’inizio del cammino ci possa essere un’esperienza straordinaria. In un momento di profondo dolore o difficoltà o in un momento di gioia intensa, riceviamo la grazia di una intuizione spirituale interiore che ci aiuta ad allontanarci dalle nostre preoccupazioni quotidiane legate alla realtà di tutti i giorni. A quel punto sentiamo profondamente che c’è di più, c’è una Realtà Ultima che penetra e sostiene la nostra comune realtà. La chiesa dei primi Padri chiamava questo momento il momento della ‘conversione’ o ‘metanoia’, un cambiamento del cuore e della mente, una conversione profonda, che ci permette di oltrepassare la soglia fra i due diversi livelli di percezione e consapevolezza, e di renderci conto della realtà divina che si realizza in noi.
Quell’esperienza – o a volte un anelito inesplicabile – ci sospinge verso una chiamata alla preghiera più profonda per riscoprire questa Realtà ed il nostro legame con essa. Spesso questo è il momento in cui scopriamo la meditazione, la preghiera contemplativa e intraprendiamo il cammino con entusiasmo. La meditazione ci guida ben presto verso il silenzio e “nel silenzio profondamente creativo incontriamo Dio in un modo che trascende tutte le nostre capacità di intelletto e di lingua” (John Main “Dalla parola al silenzio”)
Sfortunatamente dopo questo primo momento, diciamo di luna di miele, veniamo spesso messi di fronte al turbinio dei nostri pensieri rivolti alla nostra realtà quotidiana, e solo sfiorare quel profondo silenzio ci sembra un sogno. Eppure ogni giorno dobbiamo ricominciare da capo, malgrado tutto, e sederci con tutta la fedeltà possibile per i nostri due momenti di meditazione quotidiana con un’amorevole dedizione. Allora faremo esperienza di una meditazione impegnata, al di là di ogni esperienza, che ci conduce alla trasformazione. Senza che noi nemmeno ce ne accorgiamo ci allontaniamo da chi crediamo di essere con tutta la nostra frammentarietà verso “la pienezza che possediamo, e cominciamo a sentire di conoscerci davvero per la prima volta” (John Main “Dalla parola al silenzio”) E questo è quello che voleva dire San Benedetto con la sua idea di conversione come processo continuo. Un desiderio costante di volgersi alla Realtà Ultima in meditazione e in preghiera, ciò che rafforzerà la nostra conoscenza intuitiva di quella Realtà e ci consentirà di vivere in quella prospettiva.
“Il traguardo fondamentale della meditazione cristiana è di far sì che la presenza silente e misteriosa di Dio in noi diventi sempre più non solo una realtà, ma la realtà delle nostre vite; farla diventare quella realtà che dà significato, forma e finalità a tutto quello che facciamo, a tutto ciò che siamo” (John Main)
Kim Nataraja